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Sussidi alle Esportazioni nell’Economia Internazionale

    Lo Stato può far risparmiare dei costi alle imprese nazionali esportatrici, ovvero può attuare dei trasferimenti di denaro a loro favore, allo scopo di renderle maggiormente concorrenziali sui mercati internazionali.

    Strumenti di questa politica possono essere:

    • il minor costo del denaro preso a prestito dalle imprese presso le banche, cioè le agevolazioni creditizi, attraverso appunto tassi di interesse agevolati;
    • la riduzione o rimborso di imposte o altri tributi che gravano a carico dell’impresa; ad esempio: fiscalizzazione degli oneri sociali, ovvero un rimborso di imposte superiore a quelle che effettivamente gravano sul bene, che maschera un sussidio all’esportazione. Con questi provvedimenti lo Stato riduce alcuni costi di produzione. Le imprese, di conseguenza, potranno praticare per le merci esportate prezzi più bassi;
    • la concessione di finanziamenti finalizzati all’introduzione di innovazioni tecnologiche, ovvero  a programmi di ristrutturazione o di riconversione dell’attività produttiva.

    Con il termine ristrutturazione si intendono tutti i processi di riorganizzazione che possono essere effettuati all’interno di un’impresa per razionalizzarne le strutture, cioè organizzarla meglio, rinnovarne gli impianti, realizzare insomma un grado più elevato di efficienza, senza tuttavia modificare la tipologia merceologica, il tipo di prodotto realizzato dall’impresa.

    Ad esempio un processo di ristrutturazione di un’azienda meccanica può consistere nel concentrare all’interno dell’azienda la produzione o le fasi del processo produttivo ad elevata tecnologia, investendo capitale per installare le innovazioni tecnologiche necessarie, e, contemporaneamente, nell’espellere dal ciclo produttivo interno, e decentrare invece all’esterno quelle funzioni meno specializzate che anche imprese più piccole e meno tecnologicamente avanzate possono attuare.

    Più in particolare, in un’impresa che produce auto la ristrutturazione può consistere nell’introduzione all’interno delle linee robotizzate di montaggio e nell’affidamento all’esterno della produzione di componenti in plastica, tappezzerie, impianti elettrici, ecc.

    Per riconversione si intende invece un processo volto a modificare la tipologia dei prodotti dell’impresa, attraverso mutamenti sia negli impianti che nei processi produttivi. Con questo secondo tipo di interventi lo Stato attua dei trasferimenti effettivi di denaro alle imprese. L’innovazione, la ristrutturazione o la riconversione finanziate dallo Stato dovrebbero permettere di razionalizzare la produzione, quindi di produrre a costi minori, e di conseguenza di ridurre i prezzi dei beni e battere i concorrenti internazionali.

    Non sempre peraltro i provvedimenti sopra indicati raggiungono gli effetti sperati a livello di Bilancia commerciale, cioè l’aumento di competitività sui mercati mondiali e quindi la crescita delle esportazioni, poichè non sempre conviene di fatto alle imprese trasferire nei prezzi di vendita gli eventuali risparmi di costi realizzati con il contributo dello Stato. Lo stesso può dirsi per le ristrutturazioni e le riconversioni che si effettuano con contributi statali: può anche accadere che il loro unico effetto sia di generare un aumento dei profitti.

    In Italia la spesa dello Stato per trasferimenti alle imprese è piuttosto elevata. Tuttavia molto spesso essa viene erogata in modo occasionale, con criteri piuttosto arbitrari quando non decisamente clientelari, e non di rado lontani dai fini che con tali trasferimenti si dice di voler perseguire.